lunedì 9 marzo 2009

Che stress, che stanchezza...

03/03/09 - Colite, gastrite, mal di testa, dolori muscolari e abbassamento delle difese immunitarie, ma anche stanchezza, scarsa qualità del sonno ed instabilità dell’umore. Chi di noi almeno una volta non si è accorto di soffrire di più d’uno di questi disturbi e, recatosi dal proprio medico, ha sentito pronunciare la frase “…non si preoccupi, niente di grave, solo un po’ di stanchezza e stress’’? Comunemente il termine stress possiede un’accezione negativa: indica uno stato o un complesso di fattori che possono favorire l’insorgenza di una malattia sia somatica che psichica. Da un punto di vista biologico invece lo stress è l’essenza stessa della vita. L’attivazione dei sistemi biologici comportamentali, in conseguenza dell’esposizione ai vari stressor ambientali, migliora la plasticità dei sistemi biologici, riducendo il rischio di malattia.

Insomma, lo stress è il sale dell’evoluzione.
Gli sviluppi più attuali del concetto di stress hanno portato vari autori a dare ad esso una valenza positiva, cioè a interpretarlo come una reazione biologico-comportamentale finalizzata alla conservazione della vita e conseguente ad un processo di selezione naturale. Tuttavia è sempre necessario che si verifichi il ciclo di attivazione/disattivazione dello stress in modo completo e corretto attraverso l’inattivazione finale dello stimolo.

Quando lo stressor non è particolarmente aggressivo ed è circoscritto ad un preciso frame di tempo, i sistemi di controllo omeostatico sono efficienti e l’asse dello stress si attiva in maniera fisiologica. In particolare si attiva il cosiddetto asse HPA (Ipotalamo-Ipofisi-Corticosurrene). Tale azione è utile per l’adattamento dell’organismo alle richieste dell’ambiente. E’ quello che avviene quando viviamo una situazione di paura, ovvero quando, conoscendo perfettamente il pericolo, siamo in grado di valutarlo e dunque affrontarlo. In questo caso si parla di eustress.

Viceversa, quando lo stressor è più aggressivo o non conosciamo esattamente l’entità del pericolo non si tratta di paura ma di ansia. In questo caso lo stressor è protratto per un lungo periodo di tempo e le condizioni di equilibrio omeostatico sono precarie. Si verifica quindi un’attivazione dell’asse dello stress che dalla fisiologia sconfina nella patologia: cioè si diventa inabili a disattivare l’asse HPA.

A tal proposito è interessante osservare come tutti gli eventi che producono stress ( secondo la Scala Internazionale dello Stress) siano accomunati dal cambiamento. La dinamica dello stress parte con un cambiamento improvviso, che provoca ansia, che, a sua volta, attiva in maniera inadeguata e protratta l’asse dello stress. Successivamente una grande quantità di cortisolo si riversa in circolo e ad una prima fase di allarme, con attivazione di una risposta opportuna volta al “combattimento”, segue una seconda fase di resistenza (down regulation dei recettori ipotalamici del cortisolo), con adeguamento dell’organismo ad una non-risposta. Il ciclo si conclude con la fase di esaurimento: le surrenali non sono più in grado di produrre nelle corrette quantità i propri ormoni del fighting, cortisolo e adrenalina. A questo punto si è esausti: non si ha più energia, la vita perde di interesse, non si dorme più la notte, si compromettono le relazioni sociali ed affettive e si cerca di disattivare in maniera artificiosa lo stress, dando così origine ai cosiddetti disturbi comportamentali da stress, come per esempio alcoolismo, tabagismo, anoressia o bulimia. Può comparire anche un’ampia gamma di disturbi psico-fisiologici: turbe del sonno, inappetenza, astenia, sintomi cardiovascolari, dispnea, disturbi della digestione, iperidrosi, tensione muscolare. E’ la cosiddetta Sindrome da Stress Cronico o Sindrome del Burn Out.

Le più recenti interpretazioni in chiave psico-neuro-endocrino-immunologica dello stress riconducono l’etio-patogenesi della Sindrome del Burn Out ad una desincronizzazione dell’asse HPA. In termini molto semplici, il soggetto stressato non è più capace di agire sull’interruttore dello stress, cioè di attivarlo e di disattivarlo.

Studi in campo fitoterapico ed omeopatico hanno portato all’identificazione di alcuni principi farmacologici che, lavorando su tutte le strutture dell’asse HPA, sono in grado di risincronizzarlo e di renderlo abile ad attivarsi e disattivarsi. Uno di questi principi è il Succo di Morinda citrifolia o Noni. L’efficacia di Noni è dimostrata da numerosi studi che hanno evidenziato l’alta concentrazione dell’alcaloide Xeronina . La Xeronina èad elevata azione catalitica sulle sintesi proteiche, sul metabolismo e sulle mitosi cellulari. Inoltre si rivela in grado di attivare la funzione endocrina ed il Sistema Immunitario e di migliorare la capacità recettoriale per le endorfine. Possiede quindi una marcata azione anti-astenica, anti-stress, anti-ageing.

Articolo della dot.ssa Simonetta Marucci tratto da lastampa.it

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